“Io parlo e non discrimino”, l’8 marzo alla Cavallerizza

di Gianni Ferrero

aLauraOnofriAssessora, sindaca, prefetta, insieme a elettrice, consigliera, candidata sono sostantivi che entreranno a far parte stabile del linguaggio amministrativo insieme agli articoli determinativi declinati al femminile accompagnati, per esempio, al ruolo di presidente. E’ attiva da tempo a Palazzo Civico, soprattutto per iniziativa di Laura Onofri (nella foto), presidente della Commissione consiliare Diritti e Pari Opportunità un’azione di sensibilizzazione all’uso del linguaggio di genere: “Dagli studi del linguista Norman Fairclough sappiamo che esiste uno stretto legame tra l’uso delle parole e la disparità di potere. La lingua italiana può e deve cambiare sotto la spinta di significative trasformazioni sociali e culturali”. E il 16 aprile scorso una mozione, la numero 49, approvata in Sala Rossa ha dato il via a un cambiamento epocale. I primi regolamenti analizzati e aggiornati al rispetto di genere sono lo Statuto della Città e quello del decentramento, pronti per essere approvati da tutti i consiglieri. E martedì prossimo nell’aula magna della Cavallerizza Reale sarà presentata la Carta d’intenti “Io parlo e non discrimino” volta proprio al superamento dal punto di vista di genere delle forme discriminatorie nel linguaggio.

a1Un protocollo al quale potranno aderire soggetti pubblici e privati, è nato dall’impegno del gruppo di lavoro costituito dal Comune, dalla Città metropolitana di Torino, dal Consiglio regionale del Piemonte, la Regione Piemonte e l’Università degli Studi.  A livello internazionale si promuovono da anni numerose iniziative volte all’eliminazione delle forme discriminatorie nel linguaggio dal punto di vista di genere: dalle “Linee guida per un linguaggio neutro dal punto di vista di genere” dell’UNESCO nel 1999 a quelle del Parlamento europeo nel 2008, passando per la Raccomandazione R(90)4 del Consiglio d’Europa, molte sono state le proposte elaborate per eliminare il sessismo linguistico o per promuovere, più in generale, un linguaggio più rispettoso dal punto di vista del genere.

Anche in Italia gli studi sono diversi: dalle “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana” di Alma Sabatini del 1987 ai lavori più recenti di Cecilia Robustelli per l’Accademia della Crusca. Adoperare in modo appropriato il linguaggio può diventare un potente motore per accelerare il cambiamento culturale e un’azione positiva per l’abbattimento di stereotipi legati al genere. Sulla base di questi presupposti, nel 2007 era stata emanata dai Ministri per le Pari Opportunità e per le Riforme e l’Innovazione nella Pubblica Amministrazione la direttiva “Misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche” indirizzata a trasformare il linguaggio usato negli enti pubblici.

Con la Carta “Io parlo e non discrimino”, i sottoscrittori si impegnano ad adottare progressivamente corrette linee guida linguistiche che permettano di eliminare forme di discriminazione negli atti, nella documentazione, nella modulistica e nella comunicazione.

Consigliera Onofri, il Consiglio Comunale il 16 aprile, tra le prime assemblee elettive, ha approvato una mozione intesa ad adeguare la modulistica pubblica in modo da mettere in evidenza entrambi i generi, nel rispetto della lingua italiana. La carta d’intenti potrebbe ispirare le azioni positive di altre Amministrazioni. Finalmente un obiettivo di parità raggiunto?

La nostra è un’azione che influisce e incide sul processo culturale. La parità è l’obiettivo da raggiungere e questa è senza dubbio un’azione positiva. C’è un gap riformatore da colmare. Siamo in ritardo in tanti ambiti: nella democrazia paritaria, nei differenziali salariali. La legge 120/2011 ha stabilito ad esempio che gli organi sociali delle società quotate devono essere rinnovati riservando alle donne, il genere meno rappresentato, un percorso di riequilibrio. Ebbene dal 7% del 2011 oggi tocchiamo la quota del 30% di presenza femminile nel consigli di amministrazione. Il merito va riconosciuto alle parlamentari Lella Golfo e Alessia Mosca, ispiratrici della legge. E’ intorno a misure incisive come queste che si basa il nostro impegno.

Lei è una delle ispiratrici delle azioni positive in fatto di pari opportunità. Quali tappe ci attendono?

Una sfida decisiva è quella di contribuire ad abbattere gli stereotipi, promuovere la condivisione dei lavori familiari, di quelli di cura, affinché le donne italiane possano agevolmente recuperare in fatto di occupazione extra familiare allineandosi alla media dei Paesi europei.  

La modifica dello Statuto e quella del regolamento sul decentramento sono già positive realtà che attendono solo l’avallo del Consiglio Comunale. In quali ambiti si deve agire ora?

E’ essenziale investire in comunicazione, veicolare la positività del messaggio, fare in modo che se ne parli, nelle amministrazioni pubbliche come nelle aziende private, a scuola e in famiglia.

Il Dipartimento nazionale delle Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri guarda con molta attenzione al laboratorio torinese. Con chi è da condividere il merito?

Sulle tematiche di genere e dei diritti Torino e il Piemonte si distinguono nell’incarnare ruoli innovatori, di autentico laboratorio sociale e politico. Sui temi della parità e, nello specifico, della carta d’intenti, l’Università degli Studi ha un ruolo importante, la Città Metropolitana ha già trasformato lo Statuto e il Consiglio Regionale, per iniziativa di un consigliere ‘maschio’, ha già affrontato l’esame di una mozione atta a sanare le disparità linguistiche.