Lo Stato dei beni comuni. L’intervento della sindaca a Montecitorio

La sindaca Chiara Appendino ha partecipato questa mattina, a Roma, alla Camera dei Deputati, all’iniziativa promossa dall’Anci, sul tema “Lo Stato dei beni comuni”. La prima cittadina ha preso la parola nell’aula di Montecitorio e nel porgere un indirizzo di saluto alle autorità, ai sindaci italiani e ai parlamentari, ha posto l’attenzione su temi che caratterizzano l’amministrazione delle città, esordendo proprio dall’esperienza torinese.  Tra le parole chiave del suo intervento –  che riportiamo integralmente – il ruolo dei Comuni, terminali più prossimi ai cittadini con i quali l’Amministrazione pubblica condivide le progettualità, promuovendone la partecipazione, dalle sfide del risanamento del tessuto sociale e urbano fino a quelle dell’innovazione.

“Presidente della Camera,
Presidente del Consiglio dei Ministri,
Illustrissime colleghe e illustrissimi colleghi,

Vi ringrazio per l’invito ricevuto a cui ho aderito molto volentieri, cogliendo così l’occasione per parlare dinanzi a tutte e tutti voi di un tema che, sono certa, ci è molto caro e che è anche l’oggetto di questo appuntamento. Aprendo nondimeno varchi su altri temi che caratterizzano la nostra attività quotidiana. Ognuno di noi, care colleghe e cari colleghi, sa quanto straordinario sia oggi amministrare una Città – piccola o grande che sia – affrancandosi dall’esclusiva gestione dell’ordinario per potersi permettere progettualità di ampio respiro, che prevedano investimenti capaci di spostare gli orizzonti delle nostre comunità a 10, 20, 50 anni. Questo, sono certa, è il sogno di tutti noi, che però si infrange sempre più spesso con scogli di varia natura che ci troviamo a dover affrontare.

Ora la domanda è: come può una Città continuare a progredire, a svilupparsi, a individuare soluzioni per migliorare la qualità della vita pur in contesti difficili che molti di voi conoscono bene? Puntando sulla risorsa più preziosa che abbiamo: la comunità. Le idee e la partecipazione di ogni singolo cittadino che ne fa parte. E badate bene, si tratta di qualcosa in cui credere, non di una mera frase di circostanza.

A Torino ne abbiamo avuto prova in più occasioni e voglio qui fare dei brevissimi esempi. Attraverso i patti di collaborazione di Co-City i cittadini si prendono cura di numerose aree della Città. Da centri giovanili a campi sportivi, da giardini pubblici a spazi condivisi. Proprio nella zona Nord della città pochi giorni fa abbiamo inaugurato un nuovo spazio completamente rimesso a nuovo grazie al piano per le periferie:  attraverso la collaborazione tra una scuola adiacente e associazioni di cittadini quell’area verrà presidiata.

Penso poi al parco Michelotti: da anni versava ormai in stato di degrado e , grazie a un percorso guidato dall’Amministrazione,è stato completamente ridisegnato dai cittadini attraverso un importante esercizio di partecipazione. Quel parco vedrà la luce proprio sulla base delle linee guida redatte insieme, con tutto il suo portato simbolico.

Ancora. Proprio per avvicinare i cittadini alle istituzioni e favorire la partecipazione, a Torino abbiamo inaugurato le Interpellanze del Cittadino. I cittadini possono presentare le loro istanze direttamente alla Giunta, esattamente come un consigliere. Un modo per aprire metaforicamente il Palazzo alla comunità.

Vi è poi il sostegno degli strumenti digitali. Tra questi “Decidi Torino”, una piattaforma mutuata sul modello di Madrid sulla quale i cittadini possono avanzare proposte, partecipare a discussioni ed esprimere pareri su temi dell’amministrazione.

Tuttavia, per quanto diffuse esse siano, le strutture di partecipazione da sole non bastano là dove la motivazione a partecipare è bassa o limitata a una cerchia ristretta. Per questo motivo è compito delle Amministrazioni coltivare questa motivazione. Come? Dimostrando con i fatti che queste iniziative hanno un riscontro. Che il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte è reale, ampio, trasparente. Anche quando ciò porta a differenze di vedute.

Ma lasciatemi concludere con una considerazione che penso coinvolga ognuno di noi e che sono felice di poter esporre in questa sede anche davanti a massimi rappresentanti degli organi legislativi ed esecutivi.

Quella in cui viviamo è per certi versi l’era della pragmatica. Specie in politica. Siamo immersi nel continuo refrain che si appella ai “fatti”, alle “cose concrete”, alla “pratica”. Come dire che a una grande prospettiva ideale chi amministra dovrebbe dare la priorità alle azioni concrete. A un’aiuola da curare, a una fontana da riparare, a una facciata da restaurare. Rinforzando l’idea, dannosa, che reale e ideale siano mutualmente escludenti. Non è così. Io rivendico l’assoluto dovere di un sindaco e di una giunta – ma più in generale della politica locale – di dare una prospettiva al territorio. Anche correndo il rischio che ciò non sia di facile comprensione. Il guinzaglio dell’immediato non può e non deve impedire la corsa verso la città del futuro, né il suo disegno può essere una mera forma geometrica.

La vera difficoltà dei sindaci è che la prospettiva del domani deve essere trasmessa con fatti da realizzare oggi. Noi non facciamo leggi, non possiamo permetterci il lusso dell’attesa. Dobbiamo contare sul nostro tempo, sulle nostre forze e, soprattutto, sul nostro coraggio. A Torino ce la stiamo mettendo tutta implementando strumenti legati al mondo dell’innovazione e dell’industria 4.0. Lo facciamo attraverso progetti come Torino City Lab:  la nuova policy di sviluppo dell’innovazione che rende Torino una piattaforma di testing a cielo aperto per start-up e aziende. Da noi si parla di sensoristica, di auto a guida autonoma, di mobilità elettrica e sostenibile, di droni, di nuovi concetti di urbanistica e di molto altri elementi che daranno a Torino un nuovo volto per le prossime generazioni. Non smetteremo di farlo. Nella misura in cui non smetteremo di dare ai cittadini risposte alle loro domande e ai loro bisogni concreti. Questo anche grazie al sostegno del Governo. Penso al Reddito di Cittadinanza, strumento che libererà risorse per tanti – purtroppo troppi – cittadini in stato di povertà che bussano alle porte dei Comuni.

Noi – e chiudo – siamo l’ultimo terminale della Cosa Pubblica. Quello più esposto nei confronti dei cittadini. Con buona pace di quelle che sono le nostre competenze, quando siamo chiamati a rispondere dobbiamo farlo. E il Comune è il luogo dove i cittadini sanno di trovarci. E dove non smetteremo mai di accoglierli aprendo le porte della loro casa. Per questo motivo voglio cogliere l’occasione per ringraziare tutte e tutti voi, colleghe e colleghi, per il vostro lavoro e per il mutuo aiuto che ho potuto più volte testare con mano”.