“Non ci sentivamo eroi, ma eravamo fieri della nostra scelta”

claudio sommaruga_giorno della memoriaNel 2009 Claudio Sommaruga, ex internato militare, fu intervistato da Corrado Borsa, ricercatore dell’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza (Ancr).  L’anno precedente l’Archivio aveva realizzato il film Seicentomila no – la resistenza degli Internati militari italiani, in cui era stata raccolta anche la sua testimonianza.

Di seguito una sintesi di quella lunga intervista che ci è stata concessa dall’Ancr.

Non ci sentivamo eroi, perché gli eroi sono eccezioni e noi eravamo massa, ma eravamo fieri della nostra scelta e di non avere rivolto le armi sugli italiani!

Fummo accolti in patria con diffidenza, preoccupazione e indifferenza, da un apparato statale traballante, ancora per poco monarchico e transitato con molti stessi uomini dal regime fascista a quello di Badoglio, al neofascismo repubblichino e al post fascismo.

8-settembre-militari-rastrellatiFummo accolti, allora, come il fumo negli occhi da quattro Italie: monarchica, ex repubblichina, repubblicana e attendista! Per la monarchia eravamo i testimoni imbarazzanti e risentiti del pasticciaccio che ci aveva travolto l’”8 settembre”. Per i fascisti eravamo i traditori e nemici, propagandati come loro collaboratori ed ora smentiti. Per i partigiani e per lo più repubblicani, eravamo i relitti dell’ “altra” ben più numerosa Resistenza, e che potevano anche far ombra, ma soprattutto eravamo i relitti di un esercito monarchico compromesso da guerre fasciste perdute, ma riscattato l’8 settembre con l’avvio della Resistenza coi “No”! legalitari dei “volontari nei Lager”, e con le armi e poi con l’ addestramento in montagna dei primi partigiani civili: non si doveva sottolineare l’origine monarchica di una resistenza popolare repubblicana! Infine ci accolse la marea degli “attendisti”, non della libertà e della democrazia ma della fine dei bombardamenti alleati! Erano i parenti di tutti, fascisti , antifascisti, agnostici e di “Noi dei Lager”, ma erano i “patres familiae” prudenti, quelli della “non scelta” per sopravvivere tra sfollamento, fame e lavoro, non compromessi coi tedeschi e i fascisti e poco coinvolti coi partigiani…In poche parole stavamo sullo stomaco a tutti, salvo mamme e congiunti e poi eravamo troppi, concorrenti di altrettanti di milioni di “senza lavoro” e c’era per giunta la Guerra Fredda: guai dir male della Germania, ora partner nella Nato e in Europa e meta di nostri emigranti!

acquisoldatiCosì la ragion di Stato affossò Cefalonia e così pure gli Imi (Internati militari italiani)! Frustrati, delusi e zittiti e gli italiani non vollero sapere. Così la storia dei 700mila volontari per lealtà nei lager e dei loro 7 milioni di congiunti e amici angosciati, fu affossata dallo Stato, ignorata dalla gente e dalla scuola e riscoperta solo da 20 anni dagli storiografi e dagli ultimi reduci che tentano di ricordarla.

Claudio Sommaruga, appassionato studioso della storia degli Internati militari italiani

Dopo un’esistenza intensa e tormentata Claudio Sommaruga si spense il 4 novembre 2012, alla vigilia dei 93 anni. ex Internato militare italiano (Imi) , segregato dopo l’8 settembre in diversi campi tedeschi.

Studioso rigoroso e appassionato, per oltre sessant’anni ha incarnato la memoria storica degli Internati militari, è stato il punto di riferimento inderogabile per qualsiasi ricerca sull’argomento. È stato autore e curatore di numerose pubblicazioni, tra cui una bibliografia dell’internamento (Per non dimenticare…) e un memoriale autobiografico (No!). Il suo archivio Imi e la relativa biblioteca sono stati donati all’Istituto di Storia Contemporanea Pier Amato Perretta di Como.

Sommaruga nacque a Genova il 23 giugno 1920 dove crebbe nella gioventù fascista, prima come scolaro poi come laureando d’ingegneria. Fu catturato dai tedeschi il 9 settembre 1943 ad Alessandria, in forza al 121° Artiglieria, ufficiale da quattro giorni senza ancora aver giurato e senz’arma. Fu deportato in Germania per aver rifiutato di arruolarsi nelle Waffen SS per servizio di ordine pubblico, con la prospettiva di dover rivolgere le armi sugli italiani.  Fu Internato militare in Germania e Polonia, in nove lager, un forte e tre lazzaretti.  Come deportato politico civile nemico dell’Europa fu destinato ai lavori forzati nello Straflager di Colonia (dipendenza del KZ di sterminio di Buchenwald) dove, il 25 agosto 1944, prese parte, con 369 sottotenenti-studenti, a un ammutinamento per renitenza al lavoro.

Nei venti mesi nei Lager oppose 75 “no” ai nazi-fascisti, di cui sette all’arruolamento nelle SS, cinque nelle divisioni della Repubblica di Salò, circa sessanta rifiuti di lavoro civile nel Reich e uno in Italia, motivati dalla volontà di difendere secondo coscienza la dignità dell’uomo. Nei Lager tenne un diario clandestino e scrisse sessanta poesie che raccolse in un volume pubblicato molti anni dopo in Italia.

Fu liberato e ripreso dai tedeschi tra il 1944 e il 1945, quando  il 22 aprile, ebbe fine la prigionia.

Nel dopoguerra lavora per oltre 40 anni in cinque continenti come geologo minerario (si era laureato nel 1950) pioniere e dirigente Agip (Azienda Generale Italiana Petroli), poi come professionista, docente universitario di energia geotermica, esperto Cee e Onu.

Dopo un lunghissimo silenzio cominciò a raccontare la sua esperienza anche nelle scuole oltre a collaborare come ricercatore storico con alcune associazioni di reduci tra cui:  Guisco – Gruppo Ufficiali Internati Straflager di Colonia, Anei – Associazione Nazionale ex Internati, Anpi – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, Aned – Associazione Nazionale ex Deportati.