I CAFFE’ STORICI/3. Mulassano

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di Antonella Gilpi

Mulassano ha la bellezza di un locale bomboniera con il suo gioco di specchi che moltiplicano le immagini all’infinito, il riflesso dei legni su cui spiccano gli ornati in oro. Raffinatezza e qualità concentrati in 30 metri quadrati.

È a metà ‘800 che l’attività  apre i battenti come  bottiglieria in via Nizza 3, per iniziativa di Amilcare Mulassano, già proprietario della distilleria Sacco, nota in particolare per la “menta”, per trasferirsi in piazza Castello al numero 15 nel 1907, e trasformarsi poi gradualmente in caffè.

mulassano_02Il locale è davvero piccolo e i posti a sedere sono limitati, ma aspettando sono  tanti i particolari che saltano agli occhi: dal bancone in onice di Numidia con decorazioni in bronzo e la fontanella da cui sgorga acqua filtrata e depurata (a disposizione di tutti), al soffitto a cassettoni in legno con parti centrali in cuoio di Madera, dalle pareti con specchi  e boiserie,  alle decorazioni scolpite in legno e dorate a polvere.

E ancora, l’orologio “pazzo” coi numeri messi alla rinfusa comandato da un meccanismo segreto che serviva (e tuttora può essere utile) a stabilire chi, tra un gruppo di amici, dovesse pagare il conto.

Liberty straordinario creato dall’ingegner Vandone insieme ai migliori artigiani, progettato  “a moduli” per poter essere smontato e rimontato altrove.

Enrico Pezza, coadiuvato dal professor Capisano compì il lavoro di “stipetteria” per le parti ornamentali scolpite in legno, poi dorate a polvere dal signor Cazzaniga. I fratelli Catella, torinesi, fornirono i marmi: rouge de Var, onice di Numidia, onice di Piemonte, verde delle Alpi, rosso di Francia, giallo imperiale, resi più preziosi dalle decorazioni floreali in bronzo, eseguite dalla ditta Fumagalli & Amerio di Torino.

Il soffitto  è a cassettoni con parti centrali in cuoio di Madera, opera del cavalier Petacchi, di Torino.

Restaurato nel 1978 e nel 2010, per i torinesi è un simbolo.

Proprio qui è nato il tramezzino  e a testimoniarlo c’è una targa  che ne attribuisce l’invenzione  alla signora Angela Demichelis Nebiolo.  Lei e il marito Onorino Nebiolo al ritorno nella  loro città natale nel 1925 – erano emigrati in America –  acquistarono il locale che la famiglia Mulassano aveva messo in vendita e cercando di dargli nuova un vita” introdussero nuove proposte per l’aperitivo: dapprima i toast (dall’America avevano portato una macchina per tostare il pane) e successivamente le stesse fette di pane non tostato farcite in vario modo. Fu questa la formula vincente ed apprezzatissima che diventò presto una proposta per il pranzo. Il copyright del nome tramezzino spetta a Gabriele D’Annunzio che inventò il termine per sostituire l’inglese sandwich.

Il bar Mulassano venne frequentato dall’ambiente di Corte di Casa Savoia. Giunsero pure gli artisti del Regio, poi col passare del tempo quelli della radio e della televisione. Ricordata tra gli  altri è Luigia Gigetta Morano, attrice di cinema muto, famosa per il ruolo comico di Gigetta e per il film “La Santarellina” del 1912 e “Più che il sole!”. Agli annali è passata anche Guido Gozzano che sostava meditabondo ai tavolini di Mulassano in un angolo che molti anni dopo sarebbe stato il preferito di Erminio Macario. Dopo la serata al Regio arrivavano  i cantanti lirici : Lugo, Gigli, Basiola a commentare lo spettacolo appena concluso

Qui erano anche soliti incontrarsi Italo Cremona. Giacomo Grosso, Mario Soldati e Giovanni Arpino.

Lo scenario di Mulassano che ha le qualità segrete per attrarre, per dare a ciascuno un po’ d’intimità, a farlo sentire al contempo come se fosse in casa propria, da solo, oppure circondato da amici, divenne sfondo per le scene di “Piccolo Mondo Antico”, di “Addio Giovinezza” e del giallo “Quattro mosche di velluto grigio” di Dario Argento.