Amori e amicizie nate sotto i cinque cerchi

L’amore per il cinema li ha fatti incontrare e quello per lo sport ha consolidato il loro rapporto.

Gemma Cassia e Claude Lebas si sono conosciuti  nel 2004 sul set della fiction “Le stagioni del cuore”. Entrambi comparse, hanno scoperto di avere in comune la passione per il cinema.

“Mio marito – ci dice Gemma – ha trovato a Torino, me, il cinema e vissuto l’amore per lo sport, poiché per lui, sportivo per passione,  quello di partecipare ad una Olimpiade era un grande sogno che qui si è realizzato”.

In quei quindici giorni i due coniugi si sono visti pochissimo: lei ad occuparsi dei trasporti della famiglia olimpica e lui al villaggio ad assistere il team francese. Inoltre, entrambi hanno ricoperto un ruolo anche nelle cerimonie di apertura e chiusura dei Giochi: lui spadaccino e lei una delle spose.

Oltre ad impegnarsi durante le Olimpiadi, con un grande spirito di accoglienza, i due volontari hanno pensato bene anche di aprire le porte di casa loro a una ragazza francese, una grande collezionista di gadget olimpici, aiutandola peraltro anche ad acquistare la torcia olimpica.

Gemma e Claude
Gemma e Claude

“Il mio ufficio, la mia postazione era all’NH Hotel. Da lì organizzavamo i viaggi verso i luoghi di gara, risolvevamo le criticità che si presentavano, ma anche consigliavamo alle mogli della famiglia olimpica dove andare a fare shopping”.

Del team lei ha un ricordo preciso: “Il gruppo era una macchina ben rodata, c’era una grande condivisione degli obiettivi, un sentire comune e la consapevolezza di quanto fosse importante essere lì in quel momento”.

“Nel 2006 – ricorda Giovanni Carlo Ercole – ero in mobilità e in attesa di andare in pensione. Venni a conoscenza che stavano cercando dei volontari per le Olimpiadi, m’iscrissi in qualità d’autista. A giorni alterni accompagnavo il Presidente della Germania. Di quei giorni ne ho un ricordo bellissimo, soprattutto mi è piaciuto condividere con gli altri volontari questa bella avventura”.

Alle Olimpiadi due volontari scoprirono l’internazionalità del piemontese.

“Nei giorni che precedevano l’ inizio dei Giochi – ci dice Renata – io e mio marito Angelo  eravamo in servizio al Sestriere e presiedevamo un accesso circondati da montagne di neve. Un signore giapponese, peraltro non ben equipaggiato, si aggirava spaesato chiedendo informazioni.  L’unica lingua che parlava era il giapponese. Faceva larghi gesti nel tentativo di spiegarsi, ma invano nessuna tra le tante persone interpellate riusciva capire quali erano le sue esigenze. Mio marito solerte e sorridente come sempre gli si avvicinò e dopo poche parole vidi che lo accompagnava all’ingresso del sito vicino a dove stavano mettendo a punto i mezzi delle TV. Vidi il giapponese ringraziare e tirare un sospiro di sollievo e di gratitudine verso mio marito. Curiosa mi avvicinai a lui per sapere come avesse fatto a capirlo. La sua risposta ha fatto storia.:” Non ho capito niente, ma gli ho sorriso e gli ho detto in piemontese “ven cun mi” lui felice mi ha seguito, così l’ho accompagnato dove potevano aiutarlo!!!! Magia delle Olimpiadi e del mio caro Angelo”.

Catterina Cavaglià invece alle Olimpiadi incontrò un  volontario di Varese al quale avevano promesso anche l’alloggio, ma a Torino non trovò nessuna ospitalità, voleva rinunciare e andarsene, ma Catterina pur avendo un piccolo appartamento e vivendo sola si fidò. Scoprì una persona correttissima. Con lui e con sua moglie nacque un bel rapporto di amicizia che continua ancora oggi a distanza di dieci anni. (rg)