“Casa Marti” – Una residenza fittizia per le donne che hanno subito violenza

Si chiamerà “CASA MARTI” (in memoria di Marti Gianello Guida, attivista e poeta recentemente scomparsa) la  residenza fittizia per donne che hanno subito violenza. Avrà sede in via Corte d’Appello 16. A quest’indirizzo verranno recapitate le comunicazioni anche a mezzo posta per le donne che vi risiedono.

Al Tavolo Interassessorile, istituito dalla Città nel Piano Antiviolenza e che mette insieme i diversi Assessorati che hanno competenza sul tema per dare risposte puntuali a quello che è un problema sistemico, culturale e sociale, è giunta la richiesta da parte del Centro Antiviolenza della Città, di poter provvedere alla creazione di un istituto anagrafico che consenta alle donne di poter “secretare” i propri dati nel momento in cui la propria vita e quella dei propri figli permane in uno stato di pericolosità.  Vi sono donne che per motivi diversi non hanno necessità di entrare in casa rifugio, oppure quelle che dopo aver compiuto il loro percorso di emancipazione dalla violenza vogliono liberamente uscirne. Normalmente sono situazioni in cui la giustizia non ha ancora fatto il suo corso e seppur esistono provvedimenti di allontanamento degli autori di violenza, questi non vengono rispettati.

Per questo, dopo una serie d’incontri con i Servizi Civici, al fine di conoscere sia la normativa in materia, sia il procedimento da utilizzare per la creazione di una residenza “secretata” o “fittizia” e a seguito del confronto all’interno del comitato di raccordo del CCVD (Coordinamento Contro la Violenza sulle Donne), la Giunta comunale ha quindi individuato presso l’Assessorato ai Diritti il luogo per queste particolari residenze. Questa esperienza è probabilmente la prima in Italia.

La scelta della convivenza anagrafica scaturisce dal dettato alquanto rigido dell’ art. 3, comma 38.4, della legge 15 luglio 2009, n. 94, che obbligherebbe anche le donne che hanno subito violenza a fornire precise informazioni, dovutamente tracciate e reperibili,  con possibilità di accesso agli atti da parte di qualsiasi soggetto giuridicamente interessato.

Con questo atto si garantisce la tutela della persona e, nel contempo, la residenza anagrafica, necessaria per il rilascio di tutte le certificazioni.

L’istanza di protezione dovrà essere richiesta dalla donna, residente a Torino, che si ritiene in pericolo; essere condivisa con le referenti dei Centri Antiviolenza riconosciuti dalla Regione Piemonte; quindi le referenti invieranno la richiesta al Capo Convivenza di   ”CASA MARTI”.

“Spesso  si parla di burocrazia che crea ostacoli, – afferma la sindaca Chiara Appendino – oggi Torino ha dimostrato di nuovo di essere capace di innovare togliendo una barriera. È un atto amministrativo ma anche fortemente politico e spero che Torino possa fare scuola, come già avvenuto con le trascrizioni per le famiglie omogenitoriali”.

L’Amministrazione torinese – sottolinea l’assessore ai Diritti, Marco Giustaè da tempo impegnata contro la violenza di genere sulle donne. Sono davvero contento che gli uffici abbiamo pensato a dedicare a Marti, attivista e poeta, questa importante iniziativa, segno questo dell’affetto che ha saputo suscitare in tutte le persone che hanno avuto la fortuna di incrociare la sua storia. Anche in onore della sua memoria e delle battaglie che aveva scelto di combattere, sono orgoglioso che l’amministrazione torinese abbia dato il via a questa possibilità a supporto delle donne che hanno subito violenza in accordo con i centri antiviolenza, a partire da quello gestito direttamente dall’amministrazione. Sono sicuro che abbiamo nuovamente aperto una strada amministrativa che potrà diventare buona pratica anche per le altre amministrazioni. Ringrazio davvero gli uffici per l’importante lavoro fatto e gli altri assessori del tavolo per aver avallato questa scelta, condivisa con i centri antiviolenza e il comitato di raccordo del CCVD, luogo di co-decisione delle azioni di contrasto alla violenza maschile e di genere come previsto dalla delibera Torino libera dalla violenza di genere. Delibera che fu in gran parte scritta proprio da Marti”. (p.v.)