#Ioparloenondiscrimino. Un convegno per la parità di genere nel linguaggio

di Gianni Ferrero

Si è svolto questa mattina nell’aula magna dell’Università, alla Cavellerizza Reale il convegno “Io parlo e non discrimino“. Ad aprire  i lavori il video messaggio di saluto del Sindaco, Piero Fassino, che in queste ore è al Quirinale per la celebrazione dell’otto marzo.

20160308_093859_002Nel corso dell’incontro, gremitissimo di studenti universitari e delle superiori torinesi, si è discusso dell’importanza della carta d’intenti volta al superamento delle forme discriminatorie nel linguaggio dal punto di vista di genere.

Il protocollo, al quale potranno aderire soggetti pubblici e privati, è nato grazie all’impegno di un gruppo di lavoro costituito dalla Città, la Città metropolitana di Torino, il Consiglio regionale del Piemonte, la Regione Piemonte, l’Università degli Studi e il gruppo di giornaliste dell’Associazione Giulia.

A livello internazionale si promuovono da anni numerose iniziative volte all’eliminazione delle forme discriminatorie nel linguaggio: dalle “Linee guida per un linguaggio neutro dal punto di vista di genere” dell’UNESCO nel 1999 a quelle del Parlamento europeo nel 2008, passando per la Raccomandazione R(90)4 del Consiglio d’Europa, molte sono state le proposte elaborate per eliminare il sessismo linguistico o per promuovere, più in generale, un linguaggio più rispettoso dal punto di vista del genere.

La carta  ‘Io parlo e non discrimino’  è stata scritta per la cancellazione delle discriminazioni. Il documento per la promozione di  un linguaggio più rispettoso dal punto di vista di genere anche attraverso azioni concrete come la riscrittura della modulistica o corsi di formazione, era stato lanciato da una mozione del consiglio comunale e vi hanno aderito finora, oltre al Comune, Città Metropolitana, consiglio regionale, Regione, Università: “Con questo documento – ha sottolineato il sindaco Piero Fassino nel messaggio  – vogliamo rendere ancora più evidente quanto la parità di genere sia un asse strategico per la costruzione di una società di diritti e uguaglianza”.

“Il genere grammaticale non si sceglie – ha spiegato la professoressa Cecilia Robustelli, docente all’Università di Modena-Reggio Emilia – perché la lingua è un sistema. Il linguaggio contribuisce a costruire il modello di genere e chi parla male pensa male”.

Anche in Italia gli studi sono numerosi e spiccano le “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana” di Alma Sabatini del 1987 e i lavori più recenti della stessa Cecilia Robustelli per l’Accademia della Crusca. Proprio Cecilia Robustelli nel suo intervento ha richiamato la necessità inderogabile di innovare il linguaggio. Gli studi dei linguisti rivelano che esiste uno stretto legame tra l’uso del linguaggio e la disparità sociale di potere: perciò, usare in modo appropriato il linguaggio può diventare un potente motore per accelerare il cambiamento culturale. Sulla base di questi presupposti, nel 2007 è stata emanata dai Ministri per le Pari Opportunità e per le Riforme e l’Innovazione nella Pubblica Amministrazione  la direttiva “Misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche” indirizzata a trasformare il linguaggio usato negli enti pubblici.

Gli enti che sottoscriveranno la carta adotteranno progressivamente corrette linee guida linguistiche che permettano di eliminare forme di discriminazione di genere negli atti, nella documentazione, nella modulistica e nella comunicazione. L’impegno comune è altresì di promuovere ovunque la carta d’intenti: essa è rivolta non soltanto agli enti pubblici ma anche a tutte le aziende che intendono impegnarsi nel perseguire il cambiamento formale.

“E’ impegno dell’Anci battersi, insieme agli ottomila Comuni italiani, perché ogni forma di discriminazione sia bandita per affermare pienamente una società fondata sulla parità di genere”. Lo affermato il sindaco Fassino in vista dell’incontro – nel ruolo di presidente nazionale dell’Anci – al Quirinale. Fassino nel giorno della Festa delle donne ha voluto ricordare: “Insieme ai 70 anni della nostra Costituzione, celebriamo 70 anni di diritto di voto alle donne. Una conquista ottenuta con anni di lotte e reso ineludibile dal contributo dato da migliaia di donne alla lotta di Liberazione ed alla Resistenza. Sarebbe tuttavia colpevole – ha aggiunto- sottovalutare i troppi ostacoli che ancora si frappongono ad una piena parità di genere. Al ruolo centrale che le donne svolgono in ogni professione e attività si contrappone una persistente difficoltà a riconoscere loro ruoli apicali e direttivi di primo piano. Alle più mature forme di vita familiare e affettiva si contrappone spesso ancora il mancato riconoscimento del valore e della fatica del lavoro di cura. Norme e leggi che sanciscono spazi e funzioni istituzionali alle donne vengono spesso smentite da comportamenti elusivi e discriminatori. Tutto ciò sollecita la responsabilità – delle istituzioni e di ogni attore della società – a promuovere un pieno riconoscimento della dignità delle donne e dei loro diritti. E un ruolo essenziale lo possono e debbono svolgere i Comuni, in molti dei quali da anni sono praticate politiche innovative che affermano concretamente la parità di genere”.

.