Torino val bene una visita: giudizi di scrittori

Alla pensione Europa, che si trovava all’angolo di via Roma con piazza Castello, soggiornarono grandi letterati stranieri di passaggio in città. Melville si fermò soltanto due giorni, nel 1857: “Torino è più regolare di Filadelfia… operai e povere donne che prendono la misera colazione in eleganti caffè. Loro decoro, così diverso dalla stessa classe sociale in America…”. Nello stesso albergo si fermò Dumas padre che qui incontrò nel 1860 Giuseppe Garibaldi e ne rimase tanto ammirato da decidere di aiutarlo a stendere le memorie e a seguirlo nell’impresa dei Mille. E ci passò anche Honoré de Balzac, con la sua amica, madame Marbouty, camuffata da ragazzo: “Marcel, il mio segretario” la presentò lo scrittore, ma furono in molti a chiedersi ci fosse quella ragazza travestita, il pettegolezzo chiamò in causa George Sand.

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Jean Jacques Rousseau

La Torino vissuta e raccontata dagli scrittori di passaggio offre visioni discordanti: chi la trovò “la più noiosa al mondo, se si escludono Bordeaux e Yvetot” (Flaubert); chi la trovò “un compendio di tutti i piaceri e di tutte le sensazioni che avevo avuto dall’Italia”, come affermò Henry James. Il giovanissimo Rousseau vi soggiornò oltre un anno, tra il 1728 e il 1729. Visse inizialmente all’Ospizio dei Catecumeni di via Porta Palatina 9, a fianco della chiesa dello Spirito Santo e qui venne battezzato e affrontò l’esame dell’Inquisizione (in via San Domenico, ovviamente, dove si trovavano i Chiostri dedicati al santo). Una volta superate le forche caudine della religione, si diede alla scoperta della città. Entrò a servizio di due case patrizie torinesi, quelle della contessa di Vercellis e del conte Solaro di Govone.

Nello stesso periodo soggiornò a Torino il barone di Montesquieu, che fu più irridente e sarcastico, definì povera e spiantata la nobiltà locale, il cibo pessimo e la città “piena di spie”, per poi liquidarla con un “il più bel villaggio del mondo”. Ma, forse, il ricordo dell’assedio del 1706 lo mise un po’ di cattivo umore.

Il rapporto tra Torino e Nietzsche è ormai descritto da tutte le guide turistiche: i giornali e la musica del Caffè Nazionale di via Po, la Mole-Zarathustra, la casa di via Carlo Alberto e i caffè del Romano. La passione per Torino del filosofo si può definire fanciullesca. “I più bei caffè che abbia mai visto”, ebbe a dire, e volse un sguardo da pittore impressionista, attento alle sfumature e alla luce: “Chiarezza prodigiosa, colori autunnali, un senso di benessere diffuso su tutte le cose”. Scrisse in una lettera del 1888: “Conosce Torino? Ecco una città secondo il mio cuore. Anzi, la sola. Tranquilla, anzi solenne… palazzi che parlano al cuore… e poi: scorger le Alpi dal centro della città! … non avrei mai creduto che una città, grazie alla luce, potesse diventare così bella!”.

Anche Goldoni trovò Torino deliziosa e i torinesi “molto onesti e molto gentili”. Ma si lamentò del pubblico del Carignano, che a suo dire si atteggiava con frasi tipo “buono, sì, ma non è come Molière”.

Molti gli scrittori che visitarono l’Egizio, tra cui Flaubert e Tolstoj. E sulla vicina piazza San Carlo si affacciava il palazzo di Angelo Pardi, protagonista dei romanzi di Jean Giono. Poco più in là, su via Roma, il negozio di merceria di madame Basile, “amica” di Rousseau. Sempre in via Roma, ma verso piazza Carlo Felice, visse il Manzoni giovane insieme alla madre, per circa due mesi, in casa del cugino Luigi Paroletti. Si fanno pochi passi e l’aria di Torino si riempie di voci, ricordi e presenze eccellenti.

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Riferimenti bibliografici: “Guida alla Torino letteraria” di Guido Massimo Prosio, di cui consigliamo la lettura.