Vittime di Tunisi. Nosiglia, la violenza non vincerà

 

La strage degli innocenti che si è rinnovata in questi giorni – ha sottolineato monsignor Cesare Nosiglia nella sua omelia di fronte ai feretri di Antonella Sesino e Orazio Conte posati di fronte all’altare maggiore del Santuario della Consolata – scuote la coscienza di ogni uomo di buona volontà: l’amore e la volontà di pace e di rispetto di ogni persona vinceranno avendo dalla propria parte la potenza di Dio”.

Un momento della cerimonia funebre
Un momento della cerimonia funebre

La comunità torinese ha dato l’ultimo saluto in una atmosfera di grande commozione alle vittime del Museo del Bardo. Nelle prime file, accanto alle famiglie e ai parenti delle vittime, il sindaco Piero Fassino, il presidente della Regione Piemonte.Sergio Chiamparino e del Consiglio regionale, Mauro Laus. A rappresentare il Governo c’era il viceministro alla Giustizia, Enrico Costa. Carolina Bottari, in barella, assistita dai sanitari del 118 non ha voluto mancare alla funzione. E’ stata ferita gravemente nell’attentato di mercoledì scorso, in cui ha perso la vita il marito, Orazio.

Abbracci e tante lacrime. Di parenti, amici e colleghi delle vittime, degli stessi genitori di Antonella Sesino. Toccanti i passi delle parole dello zio. Sognava “di diventare nonna e di giocare con i nipotini“. L’anziano ha ricordato la nipote con un discorso straziante, terminandolo da un “Fai buon viaggio Antonella”-  saluto ripetuto anche in piemontese – e cerca di non dimenticarci“. Come dritti al cuore sono stati i messaggi del fratello di Orazio Conte “mi dicevi che la fede deve essere sempre accompagnata dalla ragione. Invece ti è toccata in sorte l’incontro con il fanatismo” e di un collega.

Chi si serve della violenza e sceglie la via del sangue come è avvenuto nella strage di Tunisi, aggredendo cittadini inermi, non avrà mai la vittoria“- ha detto in un altro passo dell’omelia l’arcivescovo. – Papa Francesco ci sta indicando vie molto concrete su cui ritrovarci come credenti di varie religioni e non credenti, uomini e donne di buona volontà. Si tratta di imparare e andare a scuola dei poveri, immergendosi nelle periferie esistenziali e condividendo le miserie di chi abita situazioni di grave disagio e difficoltà e viene spesso considerato uno scarto o un peso per la comunità. Da lì si deve ripartire per promuovere una società più giusta, equa e solidale che non lasci alcun spazio alla violenza, nessuna giustificazione per il prevalere di ideologie culturali, religiose o sociali che dividono e innalzano muri, là dove invece occorre gettare ponti di amore, di incontro e di collaborazione, per perseguire uniti il bene comune rispetto al bene individuale della propria nazione, religione o cultura”.

Una funzione quella dell’addio accompagnata da canti e musiche. Di particolare coinvolgimento il Magnificat.