Una mappa delle competenze per la qualità del lavoro in Comune

Creare una mappa delle competenze per comprendere lo stato delle cose nella macchina comunale e programmare un piano formativo orientato agli obiettivi dell’Ente. È l’intento che insieme Comune e Università di Torino hanno perseguito con la somministrazione del questionario “La mappatura delle competenze” i cui risultati sono stati presentati il 13 dicembre nella Sala Bobbio di via Corte d’Appello 16.

Il questionario era stato somministrato tra luglio e ottobre scorsi con accesso dalla pagina Intracom e attraverso le email inviate a tutti i dipendenti dal Servizio Formazione Ente. La sua stesura è avvenuta nell’ambito della ricerca “Mappare le competenze” che il dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino ha promosso nel quadro del piano formativo dell’Amministrazione “Formare per Innovare”.

A fronte delle domande che una società in veloce trasformazione rivolge alle istituzioni locali, quelle più vicine alla vita delle persone, è necessario rinnovare l’organizzazione; si tratta di guardare al futuro e ai nuovi bisogni che verranno espressi.

Con un numero di dipendenti in forza in comune pari a 8859 al momento della somministrazione del questionario, si è registrato un numero di accessi pari a 7583, con 5567 compilazioni valide ai fini dell’analisi. Le competenze analizzate erano l’orientamento ai risultati, la gestione delle relazioni e dei gruppi, l’orientamento al cliente o destinatario esterno, l’innovazione. L’analisi è stata condotta su cinque categorie di lavoratori: le categorie A e B (La persona al lavoro), le categorie C e D senza coordinamento (La persona nel suo contesto), categoria D con team di lavoro (La persona e il suo team), la D con Po (La persona alla guida del servizio), i dirigenti (La persona alla guida della divisione). L’incrocio tra categorie e le competenze ha dato vita a una tabella dove sono emersi gli indicatori utili a definire un sistema di competenze da sostenere e sviluppare attraverso la formazione costante del personale.

Un successivo passaggio di contatti per la compilazione si è svolto nei confronti delle maestre della scuola per l’infanzia e degli agenti di Polizia municipale, che in gran parte non hanno una postazione di lavoro personale su pc e quindi non sono direttamente raggiungibili via posta o tramite Intracom.

L’analisi si è poi indirizzata alla creazione di indicatori specifici. A fronte della competenza “Innovazione”, per fare un esempio, a un dipendente in fascia B è stato chiesto se “è ricettivo verso le nuove idee e segnala nuove opportunità, adotta tempestivamente nuove idee”, a chi è in fascia C se “modifica il proprio comportamento in risposta alle esigenze derivanti dal cambiamento, propone idee e soluzioni nuove”. A una Po invece se “facilita l’emersione di soluzioni nuove, ne valuta i rischi e si fa carico delle responsabilità” e a un dirigente se ritiene di  “generare un ambiente che alimenta l’innovazione ed è sempre disponibile ad affrontare progetti innovativi”.

Come avviene da tempo in alcune grandi imprese private, anche in Comune si valuta l’inserimento di “bollini digitali”, o Open Badge, per certificare le competenze acquisite, da affiancare al curriculum personale. Un sistema che in futuro sarà uniformato e riconosciuto anche al di fuori del proprio luogo di lavoro e permetterà di far emergere quelle risorse “invisibili” che si annidano in ogni organizzazione e che svolgono compiti peculiari e troppo spesso non riconosciuti dal datore di lavoro.

Si aspira a passare dunque da una visione fondata sulla gestione/controllo del personale alla valorizzazione dei collaboratori: un salto semantico cui corrisponde una nuova visione della struttura organizzativa. In questa direzione è andata l’analisi delle competenze di mestiere: sono come un abito su misura creato dall’esperienza, non modelli universali.

L’obiettivo di questa parte della ricerca era di misurare questa specifica capacità: la competenza manageriale e di mestiere è un “di cui” della “competenza a vivere”. La competenza è il costrutto che utilizziamo nelle organizzazioni per rappresentare e descrivere l’insieme delle abilità cognitivo-affettive, relazionali, le doti, il sapere, che una persona possiede ed esprime nella sua attività professionale. Attraverso la creazione di 17 focus group e le interviste a 31 dirigenti, per ciascuna divisione e servizio centrale si è costruito un modello di competenza di mestiere: competenze distintive di divisione e relativi indicatori; competenze specialistiche di area, amministrative connesse alla gestione e tecniche connesse alla supervisione (pianificazione, realizzazione, verifica), e relativi indicatori; conoscenze di base; conoscenze specifiche.

Come sono stati utilizzati i dati raccolti? Per una organizzazione, ha detto nel corso della presentazione la professoressa Annamaria Castellano, curatrice della ricerca, è sempre più importante avere la capacità di rispondere tempestivamente alle domande rivolte dai suoi clienti, nel nostro caso i cittadini. Occorre anche avere una rappresentazione chiara del futuro e un progetto. Per far tutto ciò occorre poter contare sulle persone dell’organizzazione, che sono il vero valore che la sostiene e questo valore va misurato, curato e valorizzato. Il piano “Formare per Innovare e questa ricerca sono l’avvio di questo percorso: identificare, con l’auto degli stessi colleghi, quali sono i punti di forza e di debolezza nel know-how dell’organizzazione, delle sue strutture e dei suoi collaboratori e collaboratrici per farne oggetto di formazione.

L’intervista ad Annamaria Castellano

I risultati sono molto alti a livello di punteggio: per il collaboratore o collaboratrice del Comune, spicca la competenza nella gestione dei gruppi, la più bassa (relativamente) l’orientamento al risultato. Ovvero, tutti sentiamo di saper lavorare insieme ma riconosciamo che si dovrebbe dare più peso al risultato atteso. Dal 19 dicembre i risultati sono disponibili su Intracom, anche suddivisi per divisione organizzativa.

Cosa abbiamo appreso dalla ricerca? Occorre imparare a lavorare per processi lasciando in soffitta il vecchio modo di lavorare per compiti, non più rispondente ai bisogni espressi dai cittadini. Lavorare per processi significa avere un progetto, una direzione di lavoro che attraversa la professionalità di altre persone dell’organizzazione con l’ obiettivo di giungere al risultato atteso. È, questo, il modo più efficace per agire con rapidità, a vantaggio del nostro utente finale.

Nei prossimi mesi, grazie alle analisi dei dati raccolti realizzate con la consulenza preziosa dal dipartimento di Psicologia, il servizio Formazione Ente avvierà nuovi corsi e nuove opportunità formative con una maggiore consapevolezza dei reali bisogni di conoscenza delle tante nostre realtà lavorative, così diverse tra loro per funzioni ma tutte alla ricerca di un modello di lavoro nuovo ed efficace.

Mauro Marras