Gli scatti di Frank Horvat nelle Sale Chiablese dei Musei Reali di Torino

di Luisa Cicero
In realtà, ciò che è interessante è quello che resta di una fotografia quando tutti i motivi per cui è stata scattata non ci sono più, quando sono finiti“. Frank Horvat

I Musei Reali di Torino ospitano, nelle Sale Chiablese, una mostra dedicata a Frank Horvat. In esposizione, dal 28 febbraio al 20 maggio 2018, 250 fotografie realizzate da fotografo insieme ad altre 31 immagini provenienti dalla sua incredibile e preziosa collezione privata che raccoglie autori come Helmut Newton, Henri Cartier Bresson, Robert Doisneau, Irving Penn, André Kertesz, Brassai, Edward Weston, Richard Avedon, Josef Koudelka, Edouard Boubat, Eugene Smith, Bill Brandt, Eugene Smith, Jacques-Henri Lartigue e Elliott Erwitt.

A Palazzo Chiablese sarà possibile ripercorrere l’intera carriera di Horvat, dagli anni ’50 fino a oggi, e ammirare in particolare il rapporto tra la sua fotografia e la storia dell’arte europea.

QUINDICI CHIAVI DI LETTURA. Fotografo difficilmente incasellabile, la mostra ripercorre l’intera carriera di Horvat attraverso una rappresentazione critica del suo lavoro, suddiviso in quindici ‘chiavi’ di lettura, che si traducono nell’esposizione in altrettante sezioni.

Luce, Condizione umana, Tempo sospeso, Voyeur, Da occhio a occhio, Metafore, Fa pensare a…, Vere somiglianze, Uno, Due, Molti, La vera donna, Fuori luogo, Cose, Foto fesse, Autoritratti.

“L’eclettismo – dice Horvat – non è sempre stato un vantaggio per me: alcuni hanno messo in dubbio la sincerità del mio impegno, altri hanno trovato che le mie foto erano poco ‘riconoscibili’, come se, dicevano, fossero state fatte da autori diversi. Questo mi ha spinto a ripercorrere la mia opera per cercarvi un denominatore comune. Ne ho trovati quindici e non solo uno, quindici in tutto il mio percorso e li ho chiamati ‘chiavi’”.

La mostra racconta la storia che sta dietro a ogni scatto: il rapporto col mondo dell’alta moda, di cui Horvat combattè gli stereotipi portando innovazioni assolute, come l’intuizione di fotografare le modelle per le strade, senza trucco e senza parrucche; le lezioni di fotografia che si celano dietro uno spiccato gusto per l’aneddotica; la trasversalità delle influenze sul suo linguaggio (da Caravaggio e Rembrandt per il ruolo della luce all’istante decisivo di Henri Cartier-Bresson, passando per l’amico Marc Riboud).

“Ho un’età in cui si guarda al proprio passato per cercarne il senso” scrive Horvat, e nelle oltre duecento foto scelte per l’esposizione, emerge una vera e propria dichiarazione di poetica.

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