Come cambia il servizio civile: da “nazionale” a “universale”

di Mauro Marras

“Il servizio civile nazionale è un’opportunità di cittadinanza attiva, che offre a chi lo svolge un valore aggiunto spendibile nel resto nella vita”. Lo ha detto Marco Giusta, assessore alle Politiche giovanili, in occasione della Conferenza cittadina degli enti di servizio civile nazionale che si è svolta oggi a Torino.

Una realtà in crescita quella del servizio civile, e non soltanto numerica. Il nuovissimo D. Lgs 40 del 3 aprile 2017 porta infatti importanti innovazioni nella sua gestione, a partire dalla definizione di “servizio civile universale” e di “operatore volontario di servizio civile” che definisce finalmente il ruolo dei giovani “arruolati”. E i numeri dicono che, nonostante le difficoltà legate al bilancio che limitano i posti disponibili, nel 2017 saranno circa 50mila i volontari e le volontarie in servizio.

Cosa vuol dire “universale”? Significa che si punta ad accogliere tutte le richieste di partecipazione da parte delle persone interessate a questa esperienza; il servizio civile universale è finalizzato (art. 2 del Decreto Legislativo) alla difesa non armata e non violenta della Patria, all’educazione, alla pace fra i popoli, nonché alla promozione dei valori fondativi della Repubblica e della Costituzione.

Il nuovo servizio civile che emerge dal testo normativo elaborato dal Governo amplia i settori d’intervento – ad esempio, ad ambiti classici come educazione, assistenza, ambiente si aggiungono sport, riqualificazione urbana, agricoltura, … – e modula la durata tra gli 8 e i12 mesi, riducendo a 25 le ore settimanali di lavoro e con un monte ore massimo di 1145 ore (nei 12 mesi) o di 765 (negli 8 mesi). Tre di questi mesi potranno essere svolti all’estero, oppure in un percorso di avviamento al lavoro, e almeno 80 delle ore di servizio dovranno essere dedicate alla formazione. Infine, le competenze acquisite possono essere riconosciute ai fini curricolari.

Cambia anche l’accesso all’accreditamento per gli enti interessati ad accogliere volontari e volontarie: possono accedere enti con almeno cento sedi di attività al livello nazionale o 30 a livello regionale; per gli enti più piccoli si apre perciò una stagione di collaborazione intensa con gli enti più grandi in grado di coordinare la fornitura di alcuni servizi condivisi. A settembre comincerà la fase sperimentale, quale “test” della nuova normativa.

“Un progetto nazionale che attiva i giovani nella costruzione di un percorso formativo e di vita e che sostiene i territori, grazie al volontariato, nel sostegno alle sue debolezze – spiega Umberto Forno, direttore del Centro Studi Sereno Regis e presidente del Tavolo Enti di Servizio Civile – aumenta con queste novità l’incidenza del servizio sui temi caldi del territorio”.

Un tema sottolineato anche dall’assessore regionale Augusto Ferrari: “Occorre in prospettiva investire sempre di più: il servizio civile rappresenta una grande opportunità per affrontare temi quali la cittadinanza attiva e la tenuta della coesione delle comunità territoriali. Oggi l’inserimento sociale portato dal lavoro è diventato fragile, il servizio civile si presenta come un nuovo percorso per l’inclusione delle giovani generazioni”. E, nel confermare la volontà della Città di Torino nello sviluppo del servizio civile, l’assessore Giusta ha indicato due passi da compiere: “Permettere alle persone finora escluse perché affette da patologie croniche di acceder al servizio, una battaglia di cui ci faremo carico; far crescere la visibilità del servizio come politica attiva di cittadinanza  e di protagonismo giovanile, valorizzando chi lo svolge”.

Infine, alcuni numeri: insieme alla Città di Torino, sono 46 gli enti accreditati con oltre 450 sedi operative, a cui si aggiungono ulteriori sei enti sostenitori. In servizio nel 2016 490 giovani. Soltanto il 3,8% ha la licenza media. Le aree di intervento più gettonate, l’educazione (51%) e l’assistenza (35%).

Per informazioni: http://www.comune.torino.it/torinogiovani/volontariato/servizio-civile