Paolo Russo al Jazz Festival

di Stefano Paparesta studente Dams, in collaborazione con la redazione di Torino Click

Paolo Russo, formidabile pianista e bandoneonista, residente da circa vent’anni in Danimarca e perciò poco noto in Italia, è uno dei musicisti più apprezzati e richiesti della scena scandinava, ma che ha anche riscosso un notevole successo in Argentina. Paolo Russo ha affrontato un’impresa in apparenza impossibile: adattare il bandoneon alle sonorità e gli standard jazz, lavorando sulle armonie e le intricate improvvisazioni tipiche del genere, ottenendo così risultati sorprendenti.

In occasione della presentazione del suo ultimo lavoro in studio, avvenuta nella splendida sala principale del Circolo dei Lettori, abbiamo avuto modo di scambiare due parole prima della sua esibizione.

“Paolo, puoi spiegarci come è nata la collaborazione con il Torino Jazz Festival?”

“Per prima cosa, mia sorella abita a Torino, dunque per circa tredici anni ho avuto modo di venire spesso a Torino. Inoltre sono amico di Stefano Zenni da oltre vent’anni: oltre ad essere conterranei, dal momento che lui è di Chieti e io di Pescara. Inoltre mi ha insegnato al Conservatorio teoria, armonia e Jazz. Sotto la sua guida ho preparato diversi esami al Conservatorio e con lui mi sono avvicinato al Jazz. Poi lui si è trasferito a Prato, mentre io nel 1996 sono andato a vivere a Copenaghen, dove tutt’ora lavoro”

“Quindi il trasferimento in Danimarca è avvenuto soprattutto perché in Italia c’è poca risonanza mediatica?”

“In verità ti dico, a 23 anni mi sono diplomato al Conservatorio, poi ho svolto il servizio civile. Successivamente ho maturato l’idea di trasferirmi all’estero, anche perché vivendo all’epoca in provincia di Pescara non vi era molto spazio per emergere e io avevo molta voglia di trasferirmi. La scelta di Copenaghen è stata un po’ mistica. Infatti ho sognato di dover andare in questa città quando ero ancora un bambino. Inoltre Copenaghen non è come New York, Londra o Parigi in cui sei troppo esposto ai media. Tant’è vero che a volte, quando torno a Pescara, ci sono persone che spesso mi chiedono  «Bella l’Olanda, vero?»”

“L’Italia però ti manca?”

“In effetti no, perché ci vengo sovente. Dal momento che lavoro come freelance, sono abbastanza libero, quindi quando mi stufo di Copenaghen, mi basta prendere l’aereo e sono già qui.  Ho una sorella a Torino, mia madre a Pescara, diversi amici a Roma”

“Insomma, sei un uomo di mondo, sempre in viaggio in posti nuovi?”

“Sì. Ad esempio, lo scorso mese sono andato a New York per un progetto commissionato da un ottetto composto da musicisti internazionali, ma che ha sede in Danimarca. Adesso sto scrivendo musica per un quartetto composto da flauto dolce, vibrafono, contrabbasso e bandoneon, il progetto si chiama Imaginary Soundtrack, e lo  presenterò il 27 maggio a Rotterdam. Come vedi  mi muovo in un ambito che vede la contaminazione tra musica jazz, classica e folk.”