L’innovazione sociale guarda alla produzione alimentare

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di Mauro Marras

Durante Expo 2015 la Fondazione Brodolini ha promosso la piattaforma internazionale  Social Roots con l’obiettivo di accelerare l’ innovazione nel settore agroalimentare. Nel frattempo la Fondazione ha vinto il bando per la gestione di Open Incet e oggi questo centro, nato a Barriera di Milano grazie alla riqualificazione dell’ex fabbrica di cavi elettrici, si pone come polo di una rete internazionale di centri per l’innovazione con un programma di iniziative e incontri che hanno un solo obiettivo: lo sviluppo dell’innovazione sociale e delle start up attraverso strumenti di accelerazione e di incubazione, di ricerca e di creazione di opportunità d’incontro per far nascere idee e progetti.

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La sede di Open Incet

È quel che succede anche con Social Roots, che ha lanciato la seconda “Call for solution”. Il programma sostiene la domanda e l’offerta di innovazione nel settore agroalimentare, chiamando gli innovatori di tutto il mondo a concorrere alla soluzione di necessità emergenti e alla definizione delle tendenze  in questo specifico mercato. Attraverso il sito internet www.socialroots.eu si può aderire alla comunità, raccontarsi e presentare proposte sulla piattaforma on line, interagire con gli altri membri della comunità per creare partnership.

Ogni anno, i vincitori del bando vengono invitati a partecipare a una settimana di formazione e di networking, ovvero la creazione di progetti condivisi e di una rete di produttori e di innovatori nel settore agroalimentare. L’Innovation Camp coinvolge dieci “ecosistemi” di innovazione locale presenti in tutti i continenti: oltre a Torino, Ankara-Turchia, Barcellona- Spagna, Belo Horizonte-Brasile, Città del Capo-Sudafrica, Dubai-Emirati Arabi, New York City-Usa, Singapore, Stoccolma-Svezia, Wellington-Nuova Zelanda.

Lo scorso anno sono stati presentati più di cento progetti da venti paesi diversi. “Se è vero che le città, in costante crescita demografica, sono i principali luoghi di consumo di risorse e di territorio – ha detto questa mattina l’assessore Enzo Lavolta alla presentazione della nuova Call for solution – esse devono ripensare il rapporto tra spazi urbani e spazi naturali, rivalutando questi ultimi come luoghi non improduttivi ma portatori di nuove funzioni, più coerenti con una visione della città più sostenibile e aperta alla produzione agricola”

“Per questo – ha proseguito l’assessore –abbiamo varato nel 2012 il progetto Torino città da coltivare (Tocc), chiedendoci come riconvertire i due milioni di metri quadrati di terreno agricolo, presenti nel territorio di Torino, stimolando progetti che ne indicassero una nuova funzione, peraltro già in parte definita per la presenza in questi terreni di 25 aziende agricole in attività”. Infine, Lavolta ha ricordato che negli ultimi cinque anni la superficie dedicata ad orti urbani è più che raddoppiata: da 54mila metri quadrati a più di 112mila.