L’editor, il braccio destro dello scrittore

di Annamaria Garbero, in collaborazione con la redazione di TorinoClick

Che cosa fa un editor, qual è il ruolo di questa figura tanto importante per la pubblicazione – e il successo – di un libro? Lo abbiamo chiesto ad Alessandra Montrucchio, editor Einaudi Editore.

L’editor è un professionista che opera a fianco dello scrittore (o del traduttore), ne analizza il testo e i problemi che pone, cercando di risolverli. Idealmente, riesce a vedere il libro nel suo complesso e nelle singole parti; ne comprende la struttura, i punti di forza e di debolezza e sa quindi indicare all’autore dove eventualmente tagliare, dove concretizzare meglio un pensiero, un’idea, sa comprendere le sue intenzioni e mostrargli dove non sono pienamente realizzate. L’editor è al servizio del libro e la sua mano non deve essere percepita, non si deve sentire. Non opera per far emergere se stesso ma, al meglio, le storie e le parole di altri: in ciò consiste la sua bravura.

Come si diventa editor? Quali studi e quali conoscenze si devono possedere?

Non so se vi sia una risposta univoca. Nel mio caso, che è poi quello di molti, non ho seguito corsi o scuole specifiche, ma mi sono formata “sul campo”. L’opportunità migliore credo rimanga ancora quella di riuscire a trovare un editor che faccia di te, in qualche modo, il suo apprendista. Io ho avuto la fortuna di iniziare subito alla Einaudi, leggendo e schedando i manoscritti di coloro che inviavano le loro opere sperando in una pubblicazione. Sono passata quindi alla correzione di bozze e di lì, osservando i più esperti e con la loro assistenza, agli editing più semplici, fino ad acquisire un certo livello di esperienza e di professionalità. A questo punto, accade sovente che si cominci e continui a lavorare con un determinato autore o traduttore oppure su una determinata famiglia di libri, acquisendo una sorta di specializzazione. Per quanto riguarda un eventuale percorso di studi, a Torino esistono scuole di scrittura, private, che tengono corsi anche validi, mentre credo che a livello universitario, a parte forse qualche seminario estemporaneo, non vi siano insegnamenti istituzionali sull’editing ed è un peccato, in quanto per un laureato in Lettere, ad esempio, certamente l’editoria è uno degli sbocchi più naturali.

Come cambia un testo dopo l’intervento di un editor?

Dipende dal testo, dai problemi che presenta, dal momento in cui l’editor inizia a collaborare con l’autore e dalla sua disponibilità, dall’intesa che viene a crearsi. Lo scopo dell’editor è sempre quello di aiutare l’autore a dare il meglio di sé. Ogni libro ha comunque una sua storia.

Un mestiere, quello dell’editor, peraltro molto interessante, in quanto consente un approccio “interno” alla scrittura, anche per chi scrittore non è.

Intanto, per chiunque ami leggere è indubbiamente un mestiere molto bello, perché consente di vivere in mezzo ai libri, di frequentarli. E’ anche un’occasione per accostarsi a tematiche e a campi del sapere insoliti o sconosciuti ai quali, diversamente, non ci si sarebbe mai interessati, scoprendo nuovi mondi e ampliando ulteriormente i propri orizzonti. Del resto, più conoscenze si hanno, più si è capaci di confrontarsi con un testo:  più si è curiosi, più si è bravi editor.

Lei è anche una scrittrice affermata, vincitrice fra l’altro del Premio Italo Calvino e del Selezione Bancarella. In questa doppia veste, come guarda all’editor che le viene affiancato e, da editor, come legge il lavoro dello scrittore? Riesce a separare i due ruoli?

Credo di si o almeno me lo auguro. Penso sia positiva questa duplice competenza, perché mi aiuta a capire. Lo scrittore ha certamente bisogno di un editor, perché la scrittura è un’attività molto solitaria e, per quanto si possa essere critici e rigorosi con se stessi e il proprio lavoro, si ha bisogno di altri occhi, di uno sguardo professionale che metta a fuoco ed evidenzi ciò che altrimenti rimarrebbe nascosto o espresso male. Quando invece mi trovo dall’altra parte della barricata, so che sto facendo un lavoro utile e cerco di svolgerlo al meglio. Amando molto la scrittura e usandola come autrice, penso e spero di conoscerne i meccanismi, gli strumenti e questa è una cosa che l’editor deve condividere. La scrittura si basa, o almeno dovrebbe, sul talento, su un’intuizione, ma poi ha un artigianato alle spalle, una tecnica ed è lì che l’editor e lo scrittore si incontrano, sul miglior uso di questa tecnica al servizio del talento, di un’idea. Per chi scrive, è molto utile fare editing sui libri altrui, perché è come smontare un giocattolo per vedere com’è fatto dentro. Uno scrittore ha bisogno di sapere come sono costruiti i libri, di conoscerne le varie parti, i pezzi che li compongono. Quindi, lavorare non solo su se stessi ma leggere in questo modo il lavoro altrui, è estremamente utile, offre un punto di vista più tecnico, più da “addetto ai lavori”.  

Qual è il libro a cui ha lavorato che le ha dato maggior soddisfazione, che ricorda con particolare piacere?

Sono diversi i libri che ricordo con particolare piacere. Negli ultimi anni ho curato il filone “giallo” proveniente dal Nord Europa, genere diventato ormai “cult” ed è stato molto interessante vedere come lavorano gli scrittori scandinavi, scoprire i meccanismi che regolano la trama dei loro libri, comprendere “dall’interno” le ragioni di tanto successo. Attualmente mi sto occupando della traduzione del libro di Mona Eltahawy, una giornalista egiziana che vive fra Il Cairo e gli Stati Uniti, centrato sul tema della condizione femminile nei paesi del Medio Oriente e in Nord Africa. E’ un libro scritto con una tale passione, un tale coinvolgimento personale ed emotivo, da trasmettermi emozioni intense e riflessioni profonde, anche come donna.

Cosa si sente di consigliare a un autore esordiente che intenda spedire un manoscritto a un editore? 

Consiglierei innanzi tutto di pensarci bene, di essere un po’ “l’avvocato del diavolo” di se stessi, chiedendosi se ciò che si è scritto abbia un valore indipendente dall’autore e dal suo sentimento. Se l’impressione è che si tratti di qualcosa di veramente valido, suggerisco di non inviare direttamente all’editore ma di affidarsi a un agente letterario, figura professionale in grado di valutare a priori un manoscritto che, nel caso, includendo l’autore nella propria scuderia, avrà il compito di  cercare di farlo pubblicare.